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la basilica di Santo Stefano a Bologna

le sette chiese e la copia del Santo Sepolcro di Gerusalemme

by Valerio M.
basilica Santo Stefano Bologna

La chiesa di Santo Stefano è a mio avviso il luogo con la storia più originale di tutta Bologna. Sorta sulla base di un antico tempio pagano, fu immaginata come copia fedele del Santo Sepolcro di Gerusalemme, vide nei secoli una serie di ampliamenti che portarono non ad una ma a ben sette chiese, e una di queste chiese divenne talmente famosa per un ritrovamento inaspettato che fu necessario un intervento “straordinario” del papa.

Delle sette chiese originarie al giorno d’oggi ne rimangono quattro, e soltanto una ha portato il nome di S. Stefano in un periodo incerto tra il V e l’ VIII secolo, poi lo ha cambiato dedicandosi al Santo Sepolcro, e del protomartire non è rimasta nemmeno una cappella.

Comunque l’intero complesso è ricordato come Ecclesia Sancti Stephani e al giorno d’oggi comunemente indicato come Santo Stefano alle sette chiese.

Questa è la sua storia:

 

San Petronio

La storia comincia una notte dell’anno 429, quando a papa Celestino I appare in sogno San Pietro che gli ordina di consacrare Petronio vescovo di Bologna. Petronio sembra vantare origini nella famiglia imperiale di Costantino e Teodosio, ma in effetti era veramente un sant’uomo: aveva abbandonato una posizione sociale molto elevata per entrare nell’ordine sacerdotale, era probo, si era esercitato fin dall’adolescenza negli studi dei monaci, aveva meditato come eremita nei deserti egiziani, ma soprattutto aveva visitato più volte Gerusalemme, tornandone arricchito di informazioni e con reliquie di prim’ordine, tra cui il piede sinistro di Santa Caterina e un frammento della vera croce (a detta di alcune malelingue comprate per 3000 pezzi d’oro da mercanti saraceni).
Il viaggio in Terra Santa fu così importante e rivelatore che Petronio decide di ricostruire a Bologna una piccola Gerusalemme da dedicare ai suoi fedeli locali.

busto di San Petronio, Museo Civico Medievale di Bologna

San Petronio
photocredit: Sailko – Wikipedia

Gerusalemme e i luoghi santi all’epoca esercitavano un richiamo enorme sull’immaginario europeo, e i cristiani, finalmente liberi dalle persecuzioni dei secoli passati, vorrebbero vedere con i loro occhi la Terra Promessa dalla quale è arrivata la luce della speranza, anche per ottenere di riflesso la remissione e il premio dei giusti.

 

trasformazione del tempio di Iside

Il progetto comincia dalla trasformazione in battistero cristiano di un antico tempio di Iside, sorella e sposa di Osiride. Questo antico tempio era stato fatto costruire attorno all’anno 100 da una ricca matrona bolognese a circa 80 metri dalla via Emilia, la strada che collegava Rimini con Piacenza.

Rimasta vedova di Osiride, ucciso dal fratello Seth, Iside supplica il supremo dio Ra di ridar vita al marito, e Ra lo concede, ma solamente se lei riuscirà a ritrovare ogni parte del corpo di Osiride, ormai sparsa un po’ ovunque nel mondo. Dopo varie peripezie Iside ricompone il corpo di Osiride e Ra mantiene la promessa. A parte la vicenda intricata, soprattutto considerando il fatto che Iside Osiride e Seth erano tutti fratelli, tornando alla chiesa di Santo Stefano il fatto interessante è che l’iniziazione al culto di Iside prevedeva un rituale molto simile a quello del battesimo, ed in entrambi i culti c’è il medesimo concetto di resurrezione come premio alla fede e al sacrificio.
Vedere a tal proposito Il mito di Osiride ne Il ramo d’oro di Frazer.

basilica Santo Stefano Bologna

photocredit: Renaud Camus

La fonte originaria del tempio bolognese viene riconsacrata con l’acqua del Giordano, e il colonnato circolare a cielo aperto che la circonda viene chiuso con un muro e sormontato con una cupola. Le colonne esistono ancora oggi all’interno del battistero: le colonne originali del sacrario di Iside sono quelle in cipollino nero (sette in tutto), mentre quelle in mattoni sono state aggiunte dopo.

 

nuove chiese sorgono

Durante il vescovato di Petronio, negli anni 431-450, l’iseo diventa dunque un battistero cristiano coperto, ed accanto viene costruita la chiesa di San Vitale, la seconda delle 7 chiese. Successivamente poco distante viene aggiunto il Martyrium.

Nel 737 arrivano i Longobardi. Non toccano l’esistente complesso, ma costruiscono un quartiere accanto al complesso, e una nuova chiesa a destra del battistero che dedicano a San Giovanni Battista. Nella parte posteriore sorgono nove piccoli edifici, alcuni dei quali sono dati in uso ad un gruppo di monaci detti Stefaniani, di cui però non si conosce né provenienza né devozione.

Negli anni 1000-1100 i monaci Benedettini costruiscono il campanile, il chiostro, un grande monastero e una nuova chiesa, quella che sarà chiamata del Cenacolo (che sorge a sinistra del campanile). In questo periodo anche il battistero originario viene trasformato in chiesa, quella del Santo Sepolcro, a pianta ottagonale e tamburo della cupola a dodici lati.

 

la tomba di Simone

A questo punto la storia diventa interessante: verso la fine del 1300 viene rinvenuta una tomba di epoca romana sepolta sotto il pavimento dell’attuale chiesa dei santi Vitale e Agricola, su cui è nitidamente inciso il nome “Simone”, che era il nome originario di San Pietro (ribattezzato poi da Gesù “Kefa”, che in aramaico significa appunto “pietra”).
Nessuno si pone minimamente il dubbio che possa trattarsi di un qualsiasi altro Simone, e il sarcofago viene collocato sull’altare, il vescovo fa suonare le campane a festa e la chiesa è immediatamente dedicata a San Pietro. E tra i pellegrini che arrivano dal nord si diffonde la voce che il vero sepolcro di San Pietro non si trova a Roma, ma a Bologna.

La notizia arriva anche in Vaticano, ma in un primo momento non viene creduta perché troppo inverosimile. E poi nel dicembre del 1399 si era a poche settimane dal nuovo Anno Santo e c’erano ben altri pensieri per l’organizzazione.

Ma già a febbraio i cardinali preposti alle celebrazioni del Giubileo si accorgono che qualche cosa non funziona: gli arrivi dei pellegrini sono inferiori al previsto, e anche la durata del soggiorno di quelli che arrivano è ridotta. Nonostante il grande successo di questo giubileo riportato da molte cronache, si comincia a lamentare il clero, si lamentano osti e artigiani, cerusici e negozianti, persino ladri e prostitute: è un disastro economico, ed è dovuto al fatto che i pellegrini si fermano a Bologna e tornano a casa contenti e ricolmi di indulgenze.
La risposta di Bonifacio VIII è durissima: la chiesa viene sconsacrata e il vescovo ha l’ordine di demolirla e reinterrare il sarcofago in un luogo segreto con la massima discrezione, nonché ovviamente di spiegare ai fedeli che i veri resti di San Pietro non si sono mai mossi da Roma. Nel giro di pochi giorni crollano il tetto e le parti alte delle mura, la tomba sparisce.

Quindi la chiesa bolognese non viene distrutta dagli infedeli, ma dal primo ministro di Dio: il Papa. E tutto questo senza dare scandalo, ma a maggior gloria del Signore, le cui vie sono decisamente infinite.

Questo comportamento può sembrare inverosimile al giorno d’oggi, ma a quei tempi molti vicari di Cristo si preoccupavano più degli interessi personali che del Santo Ufficio. Ad esempio tra le sante opere di papa Bonifacio VIII, oltre alla incredibile distruzione della chiesa di Santo Stefano, possiamo anche ricordare l’incarcerazione e successiva eliminazione del suo inoffensivo predecessore Celestino V (colui che fece per viltade il gran rifiuto) e l’aver completamente raso al suolo l’intera città di Palestrina per motivi di vendetta personale contro i Colonna.

Tornando alla chiesa distrutta, soltanto settant’anni più tardi Sisto IV consentirà che la chiesa, ormai in completa rovina, sia riaperta al culto, purché dedicata ai santi Vitale e Agricola (due martiri bolognesi uccisi nella persecuzione di Domiziano nel 304). Probabilmente il tutto fu dovuto alle ambizioni e agli interessi del nipote, Girolamo Riario, che difatti nel 1473 diventa signore di Imola e subito dopo anche di Forlì.

chiesa dei SS. Vitale e Agricola

basilica Santo Stefano Bologna ss Vitale e Agricola

Nell’attuale chiesa i sarcofaghi dei santi sono ai lati dell’abside: quello di San Vitale è alla sinistra, sul suo sarcofago è scolpito un pavone, simbolo dell’immortalità; quello di Agricola è sul lato destro, è più ricco e rifinito dell’altro, e porta i simboli del cervo e del leone. L’altare centrale è un’ara pagana con il coperchio rivoltato.

 

la copia del Santo Sepolcro

Nonostante tutto i bolognesi rimasero affezionati alla loro piccola Gerusalemme. Tra il 1400 e il 1800 il complesso raggiunse il suo massimo sviluppo, e tranne piccole modifiche è giunto intatto ai nostri giorni.  In particolare qui possiamo osservare la più antica, e si suppone più fedele, ricostruzione del Santo Sepolcro di Gerusalemme.  Grazie alle testimonianze dei cavalieri crociati il sepolcro venne ricostruito nelle stesse forme e proporzioni di quelle che l’imperatore bizantino Costantino IX Monomaco aveva eretto a Gerusalemme nel 1050, che a sua volta replicava quanto più fedelmente possibile il disegno dell’originale.

basilica Santo Stefano Bologna santo sepolcro

Io sono stato più volte in questa chiesa e mi sono sempre soffermato davanti alla copia del santo sepolcro: nonostante sapessi benissimo che era solo una copia devo riconoscere che ha sempre suscitato un certo effetto evocativo.

La ricostruzione della passione di Cristo coinvolge tutto il complesso ecclesiastico: all’esterno del sepolcro è stato ricostruito il cortile di Pilato, per ricordare il luogo nel Pretorio di Gerusalemme dove Gesù fu mostrato al popolo da Ponzio Pilato dopo la flagellazione. E’ un cortile quadrato delimitato ad est dalla facciata della chiesa del Calvario, ad ovest dal lato posteriore del Sepolcro, e sugli altri lati da porticati romanici longobardi.

basilica Santo Stefano Bologna cortile di Pilato

Al centro del cortile si nota una vasca marmorea di epoca longobarda, chiamata il “Catino di Pilato” per ricordare quello in cui Ponzio Pilato si lavò le mani dopo il terzo rifiuto dei giudei a liberare Gesù. La vicenda è uno dei passi più famosi della passione di Cristo.
Per chi fosse interessato ad approfondire meglio l’interessante figura del governatore romano della Giudea segnalo il libro di Aldo Schiavone: “Ponzio Pilato, un enigma tra storia e memoria“, la cui copertina raffigura proprio la famosa lavata di mani.

Tornando alla vasca marmorea longobarda essa in realtà serviva a raccogliere le offerte del giovedì santo durante il regno di Liutprando.

Sempre connesso al tema della passione di Cristo è simpatico notare “il gallo di San Pietro“, una statuetta del XIV sec. raffigurante il gallo che cantò dopo che San Pietro negò di essere un seguace di Gesù.

basilica Santo Stefano Bologna gallo di San Pietro

La statuetta del gallo si trova sotto uno dei due porticati, all’interno di una monofora, accanto alla “Cappella della consolazione“. Sul soffitto di questa cappella ci sono degli affreschi di Bartolomeo Cesi raffiguranti episodi della vita della Vergine Maria.

il vero Santo Sepolcro

Il Santo Sepolcro era la tomba scavata nella roccia dove venne deposto il corpo di Gesù Cristo. Il sepolcro originario, quello di Giuseppe di Arimatea, venne distrutto nell’anno 135 quando l’imperatore Adriano fece radere al suolo Gerusalemme a seguito della rivolta del 132. L’operazione venne eseguita dalla XXII Legione, che in seguito venne spostata sul limes e ampliò il piccolo avamposto di Mogontiacum, l’attuale Magonza. I romanzi di Guido Cervo della serie Il Legato Romano vedono come protagonista proprio il comandante della XXII Legione circa un secolo dopo questi fatti.

Fu l’imperatore Costantino I che a seguito del concilio di Nicea del 325 ordinò l’edificazione di una chiesa nei luoghi della passione di Gesù Cristo. La pietra in cui fu scavato il Santo Sepolcro venne chiusa da un piccolo edificio: l’edicola dell’Anastasis, chiesa consacrata nel 335.

 

curiosità

Nella cripta di San Giovanni Battista c’era (e c’è ancora) una colonna che venne portata dal vescovo Petronio di ritorno dalla Terra Santa e che documenta l’altezza di Gesù Cristo (circa un metro e settanta).

Nella stessa chiesa una pietà in cartapesta ricorda le quaresime del ‘700, quando le beghine facevano il giro delle taverne sequestrando i mazzi di carte da gioco, che portavano poi a macerare per riprodurle in immagini sacre a remissione dei peccati commessi da mariti e figli.

Sulla facciata della chiesa del Santo Sepolcro resta il segno di un’altra leggenda: una pietra nera così lucida che le donne vi si specchiavano. Indignato per tanta vanità un santo eremita fece un incantesimo e da quel giorno le donne non viderò più i loro volti ma i loro peccati. Il vescovo proibì allora a tutti ad avvicinarsi alla pietra, e prodigiosamente la pietra diventò così opaca da non riflettere più nulla.

 

libri consigliati

Per approfondire l’appassionante vicenda storica della basilica di Santo Stefano segnalo questi libri:

La Basilica di Santo Stefano in Bologna
Un viaggio verso la Terrasanta
di Beatrice Borghi

7 colonne e 7 chiese
La vicenda ultramillenaria del complesso di Santo Stefano in Bologna
AA.VV.

 

indirizzo e orari

La basilica di Santo Stefano si affaccia sulla piazza omonima, piazza che si apre alla fine di via Santo Stefano, via che a sua volta parte da piazza della Mercanzia, a due passi dalle due torri.

mappa 3D Bologna

 

Gli orari di apertura sono abbastanza articolati:

lunedì   18:00-19:30
martedì   7:30-12:30  14:30-19:30
mercoledì   7:30-12:30  14:30-19:30
giovedì   7:30-12:30  14:30-19:30
venerdì   8:00-19:00
sabato   7:30-12:30  14:30-19:30
domenica   7:30-12:30  14:30-19:30

 

l’ingresso è gratuito

ATTENZIONE: recentemente qualcuno ha avuto la bella pensata di provare a chiedere soldi per entrare a Santo Stefano, difatti l’ultima volta che ci sono andato ho trovato piazzato davanti all’ingresso un banchetto con frate (almeno sembrava vestito come un frate, non era ben chiaro chi fosse) che ha provato a bloccarmi facendomi capire che per entrare dovessi pagare. Solo dopo che gli ho chiesto esplicitamente se avessero imposto un biglietto obbligatorio ha specificato che era semplicemente richiesta un’offerta libera. Quando gli ho chiesto con tono glaciale se a lui sembrasse giusto chiedere soldi per far entrare la gente nella Casa del Signore ha abbassato il capo e balbettato confuso che non era necessario pagare niente. Ho evitato ulteriori discussioni e sono entrato, ma quella richiesta inopportuna mi aveva ormai rovinato completamente lo stato d’animo.

Consiglio vivamente di rifiutarsi di pagare: a mio avviso bisogna combattere attivamente questa pessima abitudine di chiedere soldi per visitare le chiese italiane. Sono già state pagate, con l’oro e col sangue dei nostri antenati. E se hanno bisogno di restauri che se ne faccia carico la comunità, senza chiedere soldi a chi vuole entrare, per qualsiasi motivo.

 

Vedi anche le mie altre guide di viaggio.

 

photocredit immagine di copertina: Richard Mortel

 

 

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